Piove. E sembra piovere da anni.
Non si capisce nemmeno più se stia piovendo dento o fuori.
È incredibile come ci si abitui alle cose,alle situazioni. Fatico a ricordare quando i miei stavano insieme,la quotidianeità di una famiglia intera. Ora vivo tra due case,tra sacchetti pieni di vestiti che mi trascino da un’abitazione all’altra,come una profuga. Agli inizi mi sono sentita così,un po’ smarrita,un po’ divisa. È buffo pensare come anche le azioni più semplici, come comunicare qualcosa, diventino complicate. Per esempio io devo ripetere le cose due volte e spesso mi scordo a quale dei due genitori l’ho detto così immancabilmente uno ne rimane all’oscuro. Poi, essendo io la figlia maggiore,divengo l’ambasciatore ufficiale delle notizie più disparate: “Di al papà di dire a tuo fratello di farsi la doccia”, “Di a tua mamma che il we siete con lei/con me”, “Di anche tu al papà la cosa x così la magari capisce che non sono pazza!”. Io faccio una bella scrematura,cambio qualche parola qua e là e quando mi gira o quando è strettamente necessario lo comunico al diretto interessato. Perchè la faccenda dell’ambasciatore che non porta pena non è mica tanto vera! Io non ho mai preso parti. È stata molto dura,specialmente perchè la colpa è tanto grossa quanto evidente,ma non ce l’ho fatta. Io sto ai margini,ascolto,ma non parlo,non giudico. E non crediate che questo sia un comportamento maturo,la mia è solo paura. Per me. Restare in disparte,ad osservare,è ciò che so fare meglio. Mia madre,forse giustamente,non me l’ha perdonato e tutt’ora tende a rinfacciarmi questa storia. Avrei dovuto difenderla,avrei dovuto dire qualcosa,insultare mio padre…non lo so nemmeno io veramente.
Quel giorno ero terrorizzata.Sono andata da lui in ufficio,aveva gli stessi abiti del giorno prima,stroppicciati e gli occhi gonfi. Ha cercato di spiegarmi,anche se di spiegazioni,specialmente quelle piene di balle,non ce n’era bisogno. Non dissi nulla-non piansi nemmeno-per diversi minuti. “Perchè a proprio a me?” fu la sola cosa uscì dalla mia bocca e non solo quel giorno,ma negli anni successivi. Ho impacchettato il tutto e l’ho depositato il quel posticino dove non è proprio il caso di guardare. E mia madre mi domanda perchè,perchè non parlo con mio padre,perchè non parlo per accusarlo,per usarlo,per difenderla.
Il posticino in cui non è proprio il caso di guardare si aprirebbe e tutto il putridume lasciato a macerare per anni ne uscirebbe e annegherei in lui.
La verità è che a me non importa,ha smesso di importarmi tanto tempo fa. È successo quel sabato,quando sono tornata a casa nel tardo pomeriggio,e li ho visti parlare seduti al tavolo. Parlavate. Ho capito che era finita,che non sarebbe più stato come prima. Ho preso mio fratello e l’ho portato a fare un giro,ho preso i miei sedici anni e gli ho trasformati in quarant’anni. E niente ha più avuto importanza.
Non ho mai pianto. Mai. Ve lo giuro.
E non soffro nemmeno più tanto. Ve lo giuro.
Quasi un anno fa ho scritto un post molto simile a questo. Rileggendolo ho scovato non solo un contenuto pressochè analogo,ma espressioni davvero molto simili a quelle usate qui,tutto ciò del tutto involontariamente. Nel vecchio post concludevo elogiando la famiglia di A.,quasi preferissi la sua alla mia. Vorrei ritrattare il tutto,non perchè non pensi più ciò che ho scritto,sia chiaro,ma perchè non si può sempre buttare via ciò che si rompe. La mia famiglia è un disastro,è complicata,è crudele,è piene di errori e di parole che fanno male. A volte vorrei scappare,vorrei andarmene e non sentire più nessuno,ma in realtà tutti quei cocci che tanto disdegno io gli ho raccolti,uno per uno. Sapete cosa sono io? Io sono la colla. Sono quella che tiene insieme i cocci,anche se questi continuano a staccarsi. E l’ho capito tempo fa,in un discorso con A. che un po’ mi ha ferita: non lasciarei mai la mia famiglia per un’altra. Se lo facessi ho come l’impressione che si disgregherebbe,che i cocci si allontanerebbero troppo,si perderebbero.
Sono una nastro biadesivo. I cocci delle mia famiglia da una parte,i cocci di me stessa dall’altra. Ed in mezzo,io.
V.